la Commissione generale di pubblica beneficenza
 


Per evitare che la gran massa di poveri chieda l’elemosina a chi passa per le vie, il 14 febbraio 1817 il patriarca Milesi annuncia che è proibito mendicare e che è stata costituita una commissione generale di pubblica beneficenza destinata ad accogliere le elemosine, prima elargite individualmente, per dispensare in modo ordinato a chi, dopo un accertamento, dimostri vera miseria e impotenza al lavoro.
Questo tipo di aiuto viene detto “soccorso a domicilio” e può essere di quattro specie:
- sussidio in denaro
- sussidio in materiali (letti, lenzuola, pagliericci...)
- intervento del medico a domicilio
- medicine per gli ammalati sotto cura del medico condotto della Commissione generale.
Gli aiuti vengono dati a chi dimostri di mancare del minimo giornaliero per la sopravvivenza e di non poterlo guadagnare né con lavoro proprio né iscrivendosi alla Casa dell’industria.
Nel 1846, in ognuna delle 30 parrocchie cittadine, una cosiddetta fraterna deve provvedere all’accertamento, segnalazione e visita domiciliare settimanale dei casi bisognosi di soccorso, alla distribuzione delle somme o beni, al catalogo dei poveri e dei sussidi attribuiti.
La fraterna, composta da tre promotori, un cassiere, due revisori, da uno a quattro visitatori, dipende dalla Commissione generale di beneficenza a cui fornisce relazioni periodiche dell’operato.