Appendice A. Contenitore di cartone per la conservazione, in posizione verticale, di documenti sciolti o raccolti in fascicoli; talvolta nelle buste si conservano anche volumi e registri di sottile spessore o in precarie condizioni di conservazione. Le due facciate laterali sono dette piatti, mentre viene chiamato dorso o costa la piegatura verticale su cui è riportata la segnatura archivistica, che può esservi scritta direttamente oppure su un cartellino da incollarvi. Sinonimo di busta sono cartella e faldone. La condizionatura è l’operazione di inserimento in buste di unità archivistiche prive di qualsiasi contenitore; il suo significato si estende anche all’operazione di sostituzione di contenitori vecchi con buste nuove. La definizione di documento varia a seconda dell’ambito disciplinare in cui viene utilizzata: diplomatistico, archivistico, giuridico. Senza entrare in tale dibattito, si forniscono di seguito alcune precisazioni terminologiche di massima. Si intende come originale il documento completo di tutti i requisiti formali (firma, data, ecc.) in grado di conferire autenticità e autorevolezza al documento. Ci si trova sovente di fronte a originali multipli, ad esempio nei casi di contratti: vengono redatti, infatti, tanti originali quanti sono i contraenti. Un altro esempio di originale multiplo è dato dalle circolari, che sono diramate in originale a una pluralità di destinatari. Il termine minuta ha due significati: con esso possiamo intendere sia la stesura provvisoria (o una serie di stesure provvisorie) redatta per successive correzioni e completamenti, sia il secondo esemplare originale del documento stesso, corredato di firma e di eventuale segnatura di protocollo, prodotto per la sua conservazione «agli atti» nel fascicolo di pertinenza. La copia di un documento è la sua riproduzione, effettuata mediante una trascrizione oppure meccanicamente o fotograficamente. Siamo di fronte a una copia semplice quando abbiamo a che fare con un documento costituito da una semplice trascrizione dell’originale senza riguardo agli elementi formali. Nel caso di copia imitativa, invece, abbiamo la riproduzione sia del contenuto sia della forma del documento (è il tipico caso della fotocopia). La copia autentica, infine, è una copia caratterizzata dalla certificazione – effettuata da un ufficiale autorizzato – che essa è conforme all’originale. La copia autentica, dunque, è affidabile tanto quanto l’originale, a differenza, invece, della copia semplice o dell’imitativa; ma si presti bene attenzione al fatto che l’autenticazione significa che la copia è conforme all’originale, e non riguarda l’affidabilità o meno del documento originale. Molto spesso le parrocchie ricevono documenti legati fisicamente ad altri documenti. In questi casi distinguiamo il documento principale (la lettera di trasmissione, soggetta alla registrazione di protocollo) e l’allegato (soggetto alla semplice annotazione nel registro di protocollo), che sovente è giuridicamente ben più rilevante del documento principale: gli allegati sono il più delle volte documenti che conferiscono diritti o impongono doveri, come per esempio i decreti della pubblica autorità o le sentenze dei tribunali, o documentazione tecnica. È l’unità archivistica fondamentale in quanto è la raccolta ordinata dei documenti di una determinata pratica. È un termine generalmente accolto e ha per sinonimi incartamento, affare, pratica, dossier. Il fascicolo contiene documentazione sciolta: documenti ricevuti,minute di documenti spediti, relazioni, certificazioni varie, promemoria, studi, progetti, elaborati tecnici e quant’altro. I documenti nel fascicolo sono disposti ordinatamente. L’ordine è dato dalla successione cronologica dei documenti: essi, cioè, sono ordinati per data archivistica (data di registrazione a protocollo del documento in arrivo, che non è la data del documento medesimo) e per data storica (data dei documenti posti in essere dall’ufficio); se un documento non reca segnatura di protocollo, esso va collocato nell’ordine del fascicolo secondo la data propria. I documenti sono organizzati nel fascicolo in modo che la carta più recente sia sempre la prima ad apertura del fascicolo. Dove un affare sviluppa situazioni che presentano una certa individualità nell’ambito dello stesso affare, si rende necessario ricorrere al sottofascicolo (o a più sottofascicoli) che, detto in parole semplici, è un «fascicolo nel fascicolo». A sua volta il sottofascicolo può essere ulteriormente suddiviso in inserti. In presenza di sottofascicoli e di inserti, l’ordinamento cronologico dei documenti viene effettuato internamente a ciascun sottofascicolo e inserto. La camicia del fascicolo (detta anche coperta o copertina) serve per condizionare i documenti corrisponti costituenti una singola pratica. Il suo scopo, però, non è limitato alla semplice conservazione materiale, in quanto essa esplicita, mediante il nesso fisico, il collegamento logico dei documenti a una pratica e a quella soltanto. Una prassi, ormai abbandonata ma di indubbia utilità, prevedeva che sulla coperta del fascicolo si elencassero in sintesi tutti gli atti che vi erano inseriti, riportando di ciascuno la data, il numero di protocollo, il mittente o il destinatario e l’oggetto. In questo modo la coperta aveva anche la finalità di tutela dell’integrità del fascicolo nel caso di dispersioni accidentali. La camicia riporta alcuni dati che, se ben gestiti, la trasformano in un indice e quindi in uno strumento di corredo: Strumento adottato per orientare l’utente nello schema di classificazione, costituito da «voci » corrispondenti alle diverse tipologie documentarie. Le voci vanno costruite e organizzate secondo alcuni criteri: primo di tutti, quello di non utilizzare un linguaggio burocratico complesso; in secondo luogo, nell’ambito di un sistema di classificazione condiviso, anche lo standard per la creazione delle voci deve essere condiviso. Le voci, infine, vanno organizzate in modo da consentire all’utente una molteplicità di punti di accesso. Per esempio, le voci «manutenzione campane» e «campane, manutenzione » consentono l’accesso dell’utente secondo la lettera m nel primo caso, e secondo la lettera c nel secondo caso. Se la funzione principale dell’indice è quella di orientare l’utente alla corretta classificazione dei documenti, essa però non è la sola. Di fronte al dubbio se un documento in arrivo debba o non debba essere protocollato, il parroco e i suoi collaboratori trovano la risposta corretta nell’indice. Esso, infatti, si compone di alcune colonne. Nella prima è riportata la voce, a cui fanno seguito le due colonne relative al titolo (espresso con numero romano) e alla classe (espressa con numero arabo): sono queste due colonne a orientarci nella corretta classificazione del documento. Segue la colonna relativa alla necessità (o all’opportunità) di protocollare o meno il documento: essa viene espressa in modo molto semplice, con un «sì» o con un «no». Inoltre, se sorge il dubbio che certa documentazione vada conservata nell’archivio oppure in un altro settore documentale della parrocchia (per esempio nella biblioteca), ci soccorre un’ulteriore colonna, denominata «Classificazione »: anch’essa, come quella riferita al protocollo, viene espressa in modo molto semplice, con un «sì» o con un «no». L’ultima colonna è riferita alla conservazione dei documenti: tale dato ci fornisce l’elemento temporale della conservazione del documento. Nel complesso, l’indice si presenta come uno strumento suddiviso in due parti. Nella prima parte sono elencate le voci di indice in ordine alfabetico; nella seconda parte, invece, le stesse voci di indice sono elencate in ordine di titolo e di classe, cioè le due colonne relative alla classificazione sono anteposte a quella contenente la denominazione. Detto anche piano di conservazione, è uno strumento strettamente connesso al titolario di classificazione. Si compone di due parti. La prima, il massimario vero e proprio, contiene i criteri di selezione: essi devono tener conto tanto delle necessità di conservazione ai fini amministrativi propri dell’ente produttore,quanto delle esigenze della cultura storica. La seconda parte è il prontuario di selezione, che contiene l’elenco di dettaglio delle tipologie documentarie con i relativi tempi di conservazione. Gli archivisti sono concordi sull’utilità pratica del massimario, se la sua applicazione viene effettuata con cautela. Infatti, il massimario contiene le indicazioni di massima, per l’appunto, e ad esso non va data una esecuzione pedissequa. Il massimario va preso alla lettera quando prescrive la conservazione permanente di determinate tipologie documentarie; va invece preso con cautela in tutti gli altri casi. Anche se le parrocchie sono enti che esercitano le medesime funzioni derivanti da un’identica missione, i casi individuali di produzione e sedimentazione documentaria vanno valutati caso per caso, a seconda del modus operandi della singola parrocchia. Strumenti che descrivono, in modo sintetico o analitico, le unità archivistiche o i singoli documenti di un archivio. Sono compilati per facilitare la ricerca dei documenti. Sono mezzi di corredo gli elenchi, gli elenchi di consistenza, gli indici, gli inventari, i repertori, le rubriche, gli schedari. Il modulo, o modello, è il documento che si compone di una parte prestampata e di spazi bianchi per l’aggiunta di informazioni. Per i suoi elementi formali, esso è lo strumento più idoneo a ricevere e comunicare informazioni in modo standardizzato e ripetitivo: alcuni dati, infatti, sono fissi (prestampati), mentre altri sono variabili e vengono inseriti a mano o sono dattiloscritti. Unità archivistica generalmente rilegata prima dell’uso (anche se può essere costituita da fogli o quaderni rilegati in seguito). I singoli fogli che lo costituiscono presentano talora elementi prestampati, righe e colonne (dette finche), con stampigliatura delle intestazioni riferite alla funzione che il registro deve svolgere. Un esempio noto è il registro di protocollo. Registro in cui, ai fini della loro validità giuridico- probatoria, sono annotati i documenti che presentano gli stessi elementi formali (circolari, contratti, delibere di un organo collegiale, atti dispositivi). Non va confuso con il repertorio dei fascicoli. Strumento (mezzo di corredo) che serve a gestire i fascicoli e a facilitarne il reperimento. È un registro su cui sono annotati i fascicoli secondo l’ordine cronologico della loro apertura entro l’articolazione del titolario di classificazione. Nel repertorio i singoli fascicoli sono numerati in ordine progressivo sulla base della loro costituzione, e per ciascun fascicolo può essere annotato anche lo status relativo all’apertura o alla chiusura dello stesso. Il termine selezione (oggi preferito dagli archivisti a quello – più riduttivo – di scarto) indica l’operazione mediante la quale alcuni documenti dell’archivio sono scelti per la loro conservazione permanente. Conseguenza della selezione è l’operazione di scarto, mediante cui i documenti giudicati non meritevoli di conservazione sono destinati alla distruzione: risulta quindi evidente che lo scarto è una operazione irreversibile la quale, se effettuata senza criterio, comporta la perdita definitiva di una significativa parte della memoria dell’ente produttore dell’archivio. I criteri che devono sottostare alla selezione sono definiti in uno strumento, il massimario di selezione, che indica i presupposti giuridici e culturali per una scelta documentale che aspiri ad essere il più possibile oggettiva, e non invece basata sull’arbitrio dell’ente produttore o dei responsabili dell’archivio, o addirittura su motivazioni del tutto contingenti, quali la mancanza di spazi o di risorse. Supporto materiale per la scrittura. Nel corso dei millenni i supporti per la scrittura sono stati ottenuti utilizzando diversi materiali: lapidi, tavolette di argilla, tavolette di cera, lamine di metallo, papiro, pergamena, carta. Da parecchi anni la diffusione della tecnologia informatica ci ha abituati all’uso (o almeno a sentir parlare) di hard disk, di floppy disk e, in anni più recenti, di CD-ROM e DVD. È subentrato, infatti, un nuovo tipo di scrittura, frutto dell’elaborazione di macchine complesse, che trova i propri supporti in dischi magnetici (hard disk, floppy disk) e a lettura ottica (CD-R, CD-RW, DVD-R, DVD-RW. Il nuovo ambiente della memoria, figlio della tecnologia informatica, è conosciuto come ambiente digitale. In questo contesto, anche i documenti amministrativi trovano i loro supporti in ambiente digitale e, al pari dei vecchi documenti corredati di firma autografa o addirittura di sigillo, sono per la legge giuridicamente validi, alla condizione tuttavia di essere forniti di particolari garanzie quali ad esempio l’apposizione di una firma elettronica. Quadro di classificazione articolato in titoli, classi ed eventualmente sottoclassi, corrispondenti alle funzioni esercitate da un soggetto produttore di archivio. Viene utilizzato per classificare, tramite appositi codici alfanumerici, i documenti dell’archivio in formazione, del quale restituisce l’impianto strutturale, consentendo un’ordinata sedimentazione delle carte raccolte e ordinate in fascicoli. In un archivio corrente i documenti amministrativi sono gestiti mediante unità di conservazione. Possiamo definire unità di conservazione ogni soluzione adottata per la raccolta e la conservazione dei documenti (vedi anche busta, registro, volume). Unità archivistica costituita da fogli singoli che in seguito vengono rilegati insieme. Per fare un esempio, i verbali di un organo collegiale oggi sono generalmente redatti mediante l’uso del personal computer e stampati su fogli singoli (in fronte retro o su singola facciata). In seguito, per evitare perdite, sostituzioni, e per meglio conservare e consultare questo tipo di documenti, i verbali delle sedute sono rilegati secondo un’articolazione cronologica (per mese o per arco di mesi, per anno o per arco di anni) o secondo un’articolazione numerica (dal verbale n. 1 al n. 50, dal n. 51 al n. 100, ecc.) tenuto conto sia della consistenza quantitativa dei fogli sia della prassi in uso presso l’ente produttore di archivio. |
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