gli acquerelli di Eugenio Bosa
[Gabinetto di stampe e disegni del Museo Correr, Venezia]
 

Mentre a fine Ottocento l’attenzione per la realtà e la rappresentazione della vita popolare hanno avuto a Venezia interpreti famosi, le cui opere sono eloquenti letture del precario stato sociale della città, nella prima metà del secolo, invece, il peso dell’antica tradizione artistica fondata sul colore, il legame con il rococò, il nascente mercato turistico della scena di genere, sembrano attardare l’ingresso delle istanze realiste e di quel rinnovamento dei contenuti già attivo in altre città.
Il quadro di depressione economica nel quale si muovevano la committenza e gli operatori culturali influenzò senz’altro anche l’orientamento dei pittori locali, le cui produzioni di soggetti di genere in piccolo formato dovevano soprattutto trovare consenso nel gusto dell’acquirente straniero.
Pittori come Eugenio Bosa divennero famosi per queste pregevoli produzioni pittoresche per il mercato turistico, ma forse per l
autore erano solo un sistema di dignitosa sopravvivenza professionale.
I suoi  schizzi e i suoi disegni sono quasi un reportage sugli abitanti della città: molti ritraggono bambini e adolescenti, portano spesso l’annotazione dei luoghi e del giorno della “ripresa”, i nomi dei soggetti ritratti.
Si possono considerare fonti iconografiche attendibili sulla condizione dell’infanzia a Venezia fra il 1830 e il 1845.

 

[il pittore]

 

il pittore che visita i suoi modelli
[DISEGNI AI, n. 236]

   
ragazzo con berretta e cappottone
[DISEGNI AI, n. 224]
   
ragazzo con tuba che chiede l'elemosina
[SCHIZZI (III 3279-3503), n. 152]
   
fanciullo con scaldino e piatto per l'elemosina
[DISEGNI AII, n. 330]
   
abbonati all'oboe
[DISEGNI AII, n. 344]
   
"Varda che sguardo da caziadon"
[SCHIZZI (III 3279-3503), n. 114]
   
ragazzi che giocano a carte
[SCHIZZI (III 3279-3503), n. 183]
   
il buon prete
[SCHIZZI (III 3279-3503), n. 170]